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Il mio articolo completo per Il Riformista.
Per capire quello che accadrà nei prossimi anni nei sistemi sanitari con l’impatto dell’Intelligenza Artificiale basta saper leggere un po’ di numeri, come ci ricorda il bel libro “L’era dell’Intelligenza Artificiale” di Kissinger, Schmidt e Huttenlocher. Le start up americane di IA hanno raccolto 38 miliardi di dollari di finanziamento, le rispettive asiatiche 25 e quelle europee 8. Una recente stima degli investimenti globali - da qui al 2030 - nel settore parla di poco meno di 188 miliardi di dollari, con un tasso di crescita esponenziale soprattutto nel Nord America e in Asia. In Europa e in Italia siamo un po’ più indietro. Basti pensare che la somma dei 22 piani di investimento di ripresa e resilienza in Europa - che noi giustamente consideriamo importanti - ammonta a circa 37 miliardi di euro, di cui solo una parte marginale riguarda la digitalizzazione e IA; in Italia poco oltre i 16 miliardi con 2,3 destinati all’innovazione tra Fascicolo Sanitario Elettronico, ricetta dematerializzata e piattaforma di telemedicina. Le differenze appaiono notevoli. Se prendiamo in riferimento una delle esperienze più avanzate al mondo di digitalizzazione, che è Singapore, ci accorgiamo di come il divario da colmare sia importante. Quell’ecosistema digitale - che è la punta più avanzata a livello globale - ha una sintesi nel GovTech, l’Agenzia governativa per la Tecnologia che mira tra l’altro a migliorare l’accesso alle cure e la vita dei cittadini. Uno dei pilastri è il National Electronic Health Record, che riceve le informazioni sanitarie nei diversi contesti e le mette a disposizione di tutti i professionisti per cure personalizzate con un’assistenza senza soluzioni di continuità. Una visione longitudinale delle informazioni cliniche del paziente che oggi conosce una forte implementazione nei sistemi di assistenza domiciliare a distanza, anche attraverso l’ausilio dei cosiddetti wearable device che riescono a monitorare i parametri vitali. Passi da gigante si stanno facendo con l’introduzione di sistemi di AI per i trattamenti precoci di malattie neurodegenerative e cardiovascolari. Un punto di forza di ciò che accade nel mondo più avanzato è sicuramente una governance efficiente ed efficace gestita a livello centrale. Nel nostro paese non aiuta una frammentazione tra le diverse Regioni, probabilmente tesa a peggiorare con l’autonomia differenziata. Abbiamo bisogno di fare sistema e di avere una dimensione europea, non solo come elemento di regolazione ma anche di governo dei processi e di investimenti. Come ci hanno ricordato i recenti rapporti di Letta e Draghi, nessuno si salva da solo nella competizione globale e il sistema salute e innovazione sta all’interno di questo scenario. Per capire cosa accadrà da noi domani dobbiamo saper leggere cosa sta accadendo ad esempio a Singapore oggi. Il Covid ci ha lasciato una lezione fondamentale: fare sistema, il compito delle classi dirigenti è non sciupare questa occasione.
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